martedì 28 febbraio 2017

Il Tè, un antico rituale di agape e dialogo

Sembra strano, ma vedrete un russo bere molto più tè che non la famigerata vodka. Il tè fa parte dello stile di vita russo da tempo immemorabile, e la Letteratura storica russa è stracolma di esempi di dialoghi avvenuti attorno ad un tavolo, seduti a bere del chai (tè). Non sappiamo bene il secolo nel quale bere il tè diventò una pratica russa, ma è presumibile che venne importato dai Mongoli nel XIII secolo durante le loro invasioni delle terre russe, e non se ne sia più andato. 



Il tè si consuma a sera, durante le visite pomeridiane dagli amici: offrire il tè è solitamente il modo più spontaneo col quale una famiglia russa ci accoglie; un po' come il caffè per noi italiani. Il tè non viene servito da solo, ma con un assortimento di biscotti, cioccolata, pasticcini, marmellata e, se siete fortunati, con qualche bliny. Il << momento del tè >> dura almeno un'ora, nella quale i russi si intrattengono dialogando, e solitamente di begli argomenti come filosofia, religione, vita personale, politica: per questo, lo ritengo un ottimo modo per affrontare temi spiritualmente seri con un sacerdote o col proprio padre spirituale.

Se siamo noi il sacerdote, ricevere a casa i propri parrocchiani desiderosi di colloqui e un po' timorosi con del tè potrebbe essere un modo per accompagnare le visite; inserire un "momento del tè" o del caffè dopo le celebrazioni (dopo i Vespri, ad esempio) potrebbe essere un modo per far avvicinare i fedeli gli uni agli altri e rafforzare i legami comunitari.  

Chi, infatti, non si sente più tranquillo con una tazza di tè in mano?

domenica 26 febbraio 2017

Il monaco e l'Insalata

Il padre Ambrogio della parrocchia san Massimo di Torino ci istruisce oggi con una parabola monastica. 

Il monaco e l'insalata
Chi ha mai detto che il cibo non può essere un argomento di sapienza ascetica?


Un monaco sta lavando foglie di lattuga in cucina. Un altro monaco si avvicina e lo mette alla prova, chiedendogli:
- Puoi ripetere ciò che l'abate ha detto nella predica questa mattina?
- Non mi ricordo – risponde il monaco.
- Allora perché hai ascoltato la predica, se già ora non la ricordi?
- Vedi, fratello: l'acqua lava la lattuga, ma non rimane sulle sue foglie. L'insalata, tuttavia, diventa più pulita.

giovedì 23 febbraio 2017

I Loukoumi, lo sfizio monastico


Chiunque abbia abitato anche solo un po' in un monastero greco non può non conoscere i loukoumi, deliziosi bocconcini gelatinosi che i monaci offrono a tutti i visitatori nella sala d'accoglienza del plesso monastico. Questi loukoumi sono un dolce recente, che secondo il sito The Taste of Greece, è arrivato in Grecia da Costantinopoli nel XIX secolo, ed è di provenienza turca (il nome arabo è rahat al-qum). La preparazione è piuttosto tecnica, ma lo sforzo val bene il risultato!


Ingredienti

2 tazze di zucchero
1 cucchiaino di succo di limone
1/2 tazza di amido di mais (maizena)
1/2 cucchiaio di cremor tartaro 
2 cucchiai di acqua di rose
3 cucchiai di gelatina in polvere
zucchero a velo


Accorgimenti:
- Il cremor tartaro è un agente lievitante, fino a poco tempo si vendeva solo in farmacia, ma che tuttavia adesso si può trovare anche al Carrefour o nei negozi specializzati in prodotti naturali, come Naturasì
- << L'acqua di rose >> si trova anche col nome di Giulebbe ed è una bevanda a base di acqua, rose, frutti di bosco e miele. 

Preparazione

Prendere mezzo litro d'acqua e lo zucchero e unirli in una pentola pesante e far sciogliere lo zucchero a fuoco basso. Ponete poi un termometro da zucchero nella pentola e lasciate cuocere lo zucchero finché non tocca i 125 gradi, senza mescolare. Ricordatevi di pulire i bordi della pentola affinché lo zucchero schizzato ai bordi non cristallizzi e diventi caramello. Raggiunta la temperatura di 125 gradi, unire il succo di limone e mescolare. In un'altra pentola preparare nel frattempo la gelatina, la maizena e il cremor tartaro. Usando la frusta pian piano unire dell'acqua al nuovo impasto, mescolando continuamente fino ad ottenere una pasta. Aggiungere infine un altro po' d'acqua. 

Adesso, mettete a fuoco medio la pentola con la pasta di gelatina mescolando per circa 5 minuti, o fino a quando il miscuglio bollirà addensandosi. Versate poi lo sciroppo di zucchero che abbiamo preparato prima nella pentola della gelatina, mescolando continuamente. Se vi fossero dei grumi, setacciare il contenuto della pentola affinché scompaiano. Riducete il fuoco al minimo e porre nuovamente il termometro nella pentola: lasciate il composto a bollire per circa un'ora, mescolando ogni tanto, finché non arriva alla temperatura di 110 gradi. Aggiungete poi l'acqua di rose finché non si sarà sciolta completamente nella pasta. Dopodiché, mettete a raffreddare la pentola a temperatura ambiente, dopodiché in frigo per 4 ore.

Servizio

Il dolce è pronto, ma vi è un modo specifico di servirlo, a cubetti. Pertanto, cospargete una teglia o il piatto da dolce di zucchero a velo, dopodiché usando un coltello bagnato nell'olio tagliate a cubetti di circa 3 centimetri la nostra pasta, e ancora passate i cubetti nello zucchero a velo. Disponete i cubetti nel vassoio e portateli pure in tavola!

I loukoumi si mangiano accompagnati da tè nero o da bevande rinfrescanti.

Variante:

Al posto dello zucchero a velo, passare i cubetti nella farina. 

Nota finale: 
Visto il grande tempo di preparazione, nei monasteri essi vengono cucinati ogni giorno in modo tale da garantire la presenza costante dei loukoumi sulla tavola degli ospiti. Per le famiglie, una singola pentola è capace di alimentare il nucleo familiare per diversi giorni. 

lunedì 20 febbraio 2017

Kasha: la colazione alla russa

Oggi il nostro piccolo sito Agape ha una presenza d'eccezione: Irina Osipova, presidente di RIM giovani Italo-Russi, ha condiviso con noi un modo salutare e diverso di fare colazione: la kasha


Ho deciso finalmente di scrivere un appunto sulla colazione che non va considerato in termini polemici, ma come un occasione di conoscere i benefici di una colazione alternativa, e non meno sana e nutriente. Fa bene anche a chi vuole dimagrire. Diverse mie conoscenze italiane hanno saputo apprezzarne il valore. Quasi tutte le varietà di grano da cui si fa la kasha si trovano nei supermercati italiani. L'esclusione è solo il grano saraceno marrone (trattato). Se in origine le kashe erano grani cotti con acqua e latte, con un pizzico di sale e zucchero, condite con un piccolo pezzettino di burro aggiunto a cottura finita, adesso vengono consumate condite con miele, frutti di bosco, uvetta, frutta, semi e noci a piacere.  I grani usati in origine erano principalmente quelli comuni (avena, riso, semolino, orzo, miglio), ma dagli anni novanta nel mercato sono apparsi i grani non meno preziosi originari dell'America Latina (amaranto, chinoa). I semi con cui è possibile arricchire la gamma nutrizionale sono anch'essi diversi: ad esempio i semi di lino, la chia (che contiene più omega 3 del pesce).

Insomma le combinazioni possono essere molteplici. Una cosa è certa: una colazione nutriente, sana, buona, ricca di vitamine e elementi nutritivi è un ottimo inizio della giornata.

Avete mai assaggiata la kasha o una pappa simile?

Consigli sulle erbe e su come usarle

Il padre Serafino della chiesa russo-ortodossa di Bologna, dedicata a san Basilio, ci insegna come sfruttare le erbe primaverili per delle ottime tisane, da buon erborista

Dopo la festa “dell’Incontro” chiamata in Italia “Presentazione del Signore al Tempio” popolarmente “Candelora” che si festeggia il 2(15) febbraio i rigori invernali lasciano spazio ad un tempo più mite. Non ci si illuda, l’inverno avrà ancora i suoi colpi di coda, ma in generale si procede verso giornate più lunghe e più miti. I contadini dalle mie parti guardando il il tempo che faceva il giorno della festa pronosticavano l’arrivo della primavera secondo il famoso proverbio bolognese: “Pr al dé dl'Inzariôla, o ch'al naiva o ch'al piôva dal invêren a sän fòra, mo s'ai é al suladèl a in arän anc pr un msarèl” - Il giorno della Candelora, che nevichi o piova, dall'inverno siamo fuori, ma se c'è il sole ne avremo ancora per un mesetto”. Per inciso detto proverbio bolognese dice l’esatto contrario di quello che ho sentito dire in altre parti d’Italia, ma tant'è certamente una delle due versioni ci prende di sicuro.


Veniamo al dunque: il nostro fisico lentamente si deve abituare al cambio della stagione e sente l’esigenza di eliminare le tossine che si sono accumulate nei mesi invernali come sente anche l’esigenza di introdurre cibi che diano energia senza appesantire. Per aiutare il nostro fisico in questo passaggio già da alcuni anni ho preso la seguente abitudine:

Dal lunedì successivo alla Domenica del carnevale (sessagesima), quando cioè inizia la maslenitsa (la settimana in cui la Chiesa ci chiede di iniziare l’astensione dalle carni) ogni mattino a digiuno assumo degli estratti di erbe depurative. Può benissimo essere un infuso o anche un preparato erboristico di altra natura, prediligo sempre i preparati liquidi al posto delle capsule solide perché prevedono l’assunzione di un discreto quantitativo d’acqua (almeno un bel bicchiere pieno) e sono più facilmente assimilabili dall’organismo. Questo periodo è sempre in luna calante, la luna secondo la quale tradizionalmente si iniziano i processi depurativi. Dopo l’assunzione del depurativo si deve avere l’accortezza di non mangiare niente per almeno 30/40 minuti (Io mi alzo, prendo il depurativo e poi recito le preghiere del mattino). 
Le migliori piante depurative indicate sono quelle ad azione leggermente diuretica e quelle che facilitano le funzionalità epatiche, a queste si possono unire anche alcune che regolarizzino il transito intestinale (ma questo solo per coloro che tendenzialmente soffrono di stipsi). Qui sotto riporto alcune delle piante più indicate: nome comune in italiano, nome in bolognese (dialetto di San Chierlo), nome latino, parte da utilizzare e anche modalità.

Bardana / erba si sgarzòn /Arctium lappa: decotto delle radici
Gramigna / Gramàggna / Agropyum repens: decotto delle radici
Cardo mariano / Cherd / Silybum marianum: estratto dei semi e dei fiori.
Cipolla / Zivàlla / Alluim cepa: bulbo cotto al forno
Cicoria / Zicoria / Cichorium intybus: foglie teneri primaverili mangiate in insalata
Vitalba / Videipar / Clematis vitalba: germogli giovani lessati mangiati in insalata
Carciofo / Carciof / Cynara scolymus: decotto dei fiori in insalata
Malva / Melva / Malva sylvestris: infuso dei fiori e delle foglie tenere
Radicchio di campo / Stricapòggn / Sonchus spp.: foglie basali tenere mangiate in insalata
Tarassaco / Pesalet / Taraxacum officinale: infuso delle foglie tenere, anche mangiate in insalata.
Ortica / Urtiga / Urtica dioica: infuso delle radici e delle foglie tenere.

Se si vogliono raccogliere le piante direttamente in natura accertarsi che il campo o il bosco siano lontani da strade o luoghi inquinati e preferibilmente che la luna sia crescente. Se si usano prodotti erboristici prediligere quelli con al massimo 4/5 piante insieme.

Buona depurazione primaverile!!!!!

Una accoglienza...mediterranea!

Dal litorale Adriatico (l'antica regione dell'Illiria e della Doclea) passando per la Grecia, la moderna Turchia, e le isole dell'Egeo, un'idea diversa e particolare per accogliere degli ospiti: un piatto dolce e semplicissimo a base di fichi. 


La carità cristiana, fin dai tempi dell'Impero Romano, era vissuta in modo diverso da oggi, e spesso si traduceva in ospitalità gratuita per il pellegrino e il viaggiatore. I monasteri ortodossi, infatti, mantengono viva questa attitudine offrendo a tutti un letto per riposare e un piatto caldo a chiunque bussa. E noi come possiamo fare la nostra parte? Quando abbiamo ospiti, attesi o meno, è fondamentale avere qualcosa da mettere sotto i denti. Abbiamo già proposto un piatto a base di tonno e maionese, e questa volta invece portiamo in evidenza un semplicissimo accostamento di sapori che viene dalla tradizione mediterranea.

Cosa serve? 
Qualche fico, il miele, noci. 

Non si fa altro che offrire dei fichi (aperti) ricoperti da una cucchiaiata di miele e noci sbriciolate. Solitamente, si accompagna la frutta con un bicchiere di grappa. Anche i fichi secchi vanno bene. 

Una versione più ricca vuole l'antipasto a base di fichi, appoggiando delicatamente i fichi puliti su una fetta di pane abbrustolito con del prosciutto crudo. 

Accortezze
I fichi maturano naturalmente in agosto, ma è possibile trovarli tutto l'anno se abbiamo cura di seccarli (o cercarli dai fruttivendoli).  

sabato 18 febbraio 2017

Guacamole che passione!

Padre Ambrogio della parrocchia russa-ortodossa di san Massimo di Torino ci parla di una squisita salsa americana: il Guacamole. 

Guacamole ("salsa di avocado") è una delle parole che ci vengono dal nahuatl, l'antica lingua degli aztechi.

Il termine originale, ahuacamolli, combina i termini ahuacatl ("avocado") e molli ("salsa"), e ci fa capire senza equivoci qual è la base di questa ricetta, in cui la polpa dell'avocado è schiacciata, assieme al sale, al succo di lime o di limone e a diverse altre verdure e spezie. La salsa era ottenuta con l'uso del molcajete (il tradizionale mortaio e pestello messicano), ma la si può fare comodamente schiacciando la polpa di avocado con una forchetta.
Di per sé, un dignitoso guacamole "di base" può essere preparato con solo la polpa di un avocado e il succo di mezzo lime. Il lime (che può essere sostituito dal limone) ha il compito importantissimo di non far ossidare la polpa di avocado, che lasciata all'aria ha una tendenza a brunirsi.
Gli aztechi aggiungevano anche sale marino alla base, e così possiamo fare anche noi: per chi deve limitare il sale nella dieta, ricordiamo che l'uso di succo di limone o di lime fresco è un buon sostituto del sale.
Il pepe nero macinato non era conosciuto dagli antichi aztechi, ma è entrato nell'uso delle ricette del guacamole come parte stessa della base.
Le varianti della ricetta sono innumerevoli: vediamo alcune cose che si aggiungono solitamente alla base:
- aglio, cipolla o scalogno, tritati fini o anche schiacciati, si amalgamano bene con l'avocado e gli danno una base di sapidità; se si vuole conservare il colore verde dell'avocado, la migliore cipolla da usare è quella bianca;
- pomodori (anche i tomatillos messicani) tagliati a cubetti;
- peperoncino, sia messicano (come il jalapeño o l'habanero), sia di altre varietà, in polvere, tagliato a pezzetti o a strisce sottili, più o meno piccante a seconda dei gusti;
- foglie di coriandolo tritate (messicani e americani chiamano il coriandolo "cilantro": nome diverso, stessa erba), oppure coriandolo in semi o in polvere;
- cumino in semi o in polvere;
- basilico e altre erbe (tritate o per guarnizione);
- olive o capperi;
- aceto (base della variante venezuelana detta "guacasaca");
- yogurt, panna acida, maionese: con questi ingredienti, il guacamole finisce per diventare un'altra cosa... i puristi non amano queste varianti, perché dicono che si perde il sapore originale
dell'avocado. Tuttavia, per gli amanti delle sperimentazioni alimentari si apre un enorme campo di varianti.
Avrete notato che non è stato menzionato l'olio. Alcune ricette (come quella dell'avocado alle olive) lo prevedono, ma dato che l'avocado è un frutto naturalmente grasso, l'aggiunta dell'olio è del tutto superflua. Questo torna molto utile a chi vuole mantenere il digiuno ortodosso rispettando rigorosamente il divieto dell'olio.
L'avocado è un frutto molto ricco di potassio, e può servire a contrastare l'eccesso di sodio nelle nostre diete troppo ricche di sale. Anche chi mette il sale nel guacamole avrà comunque i livelli di sodio "temperati" dalla presenza del potassio nel frutto.
Una caratteristica dell'avocado, che lo rende ideale nei giorni di digiuno, è che ha un alto potere saziante. Una ciotola di guacamole è in grado di calmare gli stimoli della fame anche nei più voraci mangiatori... provare per credere!

Alcuni accorgimenti per trattare l'avocado



L'unico requisito indispensabile per un buon guacamole è che l'avocado sia ben maturo. Alcuni sostengono che il momento migliore sia quando l'avocado inizia a marcire (ovvero, quando sulla buccia iniziano a formarsi chiazze brune). Tuttavia, visto che nel mondo esistono letteralmente centinaia di varietà diverse di avocado, non ci sentiamo di dare regole generali. Un avocado comprato in negozio o mercato è generalmente piuttosto duro, quindi conviene tenerlo in casa (meglio fuori frigo, se vogliamo che maturi più in fretta), e controllarne periodicamente la morbidezza esterna, facendo pressione sulla buccia senza schiacciarla troppo.
Se invece abbiamo fretta di fare il nostro guacamole, ecco un consiglio per rendere soffice un avocado ancora duro: racchiudere l'avocado in carta d'alluminio e metterlo in forno a 100° C dai 10 ai 15 minuti. Il frutto diventerà soffice e potrà essere lavorato facilmente, ma non avrà il gusto di un avocado maturo. Pertanto, è sempre meglio avere pazienza e attendere una maturazione naturale.
Il processo di ossidazione continua nel tempo, e se il succo di lime o di limone riesce a conservare la polpa dell'avocado abbastanza fresca nel tempo di un pasto, non è consigliabile tenere il guacamole molto più a lungo. Se il guacamole avanza da un pasto all’altro, o dalla sera alla mattina, il modo migliore di conservarlo è in un barattolo, coperto da uno strato di acqua (o acqua e succo di limone o lime). Al momento di servirlo, basterà far scolare l’acqua.
Un'ultima decisione: frullare o non frullare? Un singolo avocado si trasforma facilmente in guacamole schiacciandolo con una forchetta, ma per quantità più consistenti può essere più comodo mettere tutto nel frullatore. Gli esperti sostengono che questo procedimento ne rovina il gusto (esponendolo a un maggiore livello di ossidazione) e la particolare consistenza, per cui sarà meglio fare assaggi dei diversi tipi di preparazione, per trovare quello che riteniamo migliore.

mercoledì 15 febbraio 2017

Dolce di patate dolci alle arance

Le patate dolci sono un ingrediente non molto comune in Italia, ma per chi vuole provare a cucinarle, offriamo una ricetta assai semplice dataci da un amico degli Stati Uniti. 

Per 10 dosi

Ingredienti

7 grandi patate dolci.
1/4 di tazza di burro già cubettato. 
1/2 tazza di marmellata di arance 
1/4 di tazza di succo di arancia
1/4 di tazza di zucchero 
zenzero
2 cucchiaini di sale.

Per la guarnizione, 12 biscotti (sbriciolati) e 6 cucchiai di burro sciolto.

N.B. Se si vuole, si può utilizzare la margarina (già cremosa) per la guarnizione. 

Preparazione

Affettare le patate e metterle a cuocerle nel forno olandese (una pentola che emula il forno) pieno d'acqua: portare ad ebollizione e poi ridurre la fiamma. Lasciate cuocere le patate fino a che non diventano morbide, occorrono circa 10-15 minuti. Dopo aver scolato le patate, metterle in un grande contenitore e mescolarle col burro duro, lo zenzero, la marmellata, il succo d'arancia e il sale e lo zucchero: una volta creato un composto, imburrare una teglia e disporre il composto su di essa: ricoprire il tutto con i biscotti e il burro sulla superficie. Mettere la teglia in forno a 200 gradi per 20 minuti, o finché non c'è doratura del dolce. Lasciare riposare e raffreddare per un quarto d'ora prima di servire. 

Variante: molti americani, insieme al burro e ai biscotti sbriciolati, mettono le noci pecan, come nella foto qui sotto. 


lunedì 13 febbraio 2017

Il Digiuno e la Quaresima: una prospettiva ortodossa

La Quaresima è un periodo dell'anno di 40 giorni che precede la Pasqua, la grande festa della Resurrezione di Cristo. La Quaresima fa parte di una stagione spirituale nota come Triodio, composto da dieci settimane precedenti la Pasqua:

- Pre-Quaresima, di tre settimane.
- Quaresima, di sei settimane.
- La Settimana Santa. 

Molti sono i consigli che vengono dati per affrontare al meglio il Triodio: leggere libri spirituali, letteratura cristiana, dedicarsi di meno ai nostri hobby e più ad altre occupazioni, e in genere purificarsi dalle nostre trasgressioni. Il digiuno è in questo un esercizio spirituale. 



Il Triodio è un periodo di penitenza e di riflessione spirituale, e il digiuno aiuta molto nella nostra lotta contro le tentazioni e nella nostra vita metafisica. Siamo più attenti alla preghiera se non siamo appesantiti dal troppo cibo, e magari scatta in noi la consapevolezza che, mentre io posso non mangiare per scelta, esistono anche i poveri che digiunano senza volontà, ma perché vivono nell'inedia. Ma il digiuno dalla carne, dai latticini, dal pesce e dalle uova è incompleto se non è accompagnato da un maggiore impegno spirituale (preghiera domestica, frequentazione della chiesa), sociale e riflessivo: la parabola di Luca 18:10-14 ci spiega che Dio rigetta e odia il digiuno dei farisei, cioè degli ipocriti e degli orgogliosi.  Il digiuno non è l'obiettivo, ma il mezzo: il fine è tornare a Dio. 

PRE-QUARESIMA

La prima domenica della "Pre-Quaresima" è dedicata alla parabola del Pubblicano e del Fariseo (Luca 18:10-14) il cui tema centrale è l'umiltà. A questo motivo, NON si digiuna la settimana che intercorre fra la Domenica del Pubblicano e del Fariseo e la Domenica del Figliol Prodigo, così chiamata a motivo della parabola letta in questo giorno (Luca 15:11-32): il tema del giorno è il ritorno al Signore: riflettiamo sul peccato e sulle conseguenze della trasgressione, e sulla speranza del ritorno. La terza Domenica è la Domenica del Giudizio Ultimo, nota anche come Domenica "Senza Carne" e si legge Matteo 25:31-46, il cui tema centrale è l'impegno nelle elemosine e nella pratica delle virtù "sociali": saremo salvati per l'amore che mostreremo verso chi ci è accanto. Si chiama Domenica Di Carnevale ("senza carne") perché è l'ultimo giorno in cui si può mangiare carne, pesce, uova. 

L'ultima Domenica pre-quaresimale è chiamata Domenica dei Latticini o Domenica del Perdono: è l'ultimo giorno prima della Quaresima nel quale viene concesso di consumare latticini. Il tema centrale è Matteo 6:14-21, il perdono e il pentimento. Il giorno successivo alla Domenica dei Latticini si chiama Lunedì Puro, e non si mangia e beve niente, eccetto l'acqua. 

QUARESIMA

Il digiuno quaresimale consta dei 40 giorni che precedono la Pasqua, come già detto. Il fedele si astiene dai latticini, dalle uova, dal pesce, dagli alcolici e dalla carne, e nei giorni di mercoledì e venerdì anche dell'olio (nei monasteri). 

LA SETTIMANA SANTA

La Settimana Santa, ovvero i 6 giorni che precedono la Domenica di Pasqua, è il periodo finale del Triodio ed è il punto più alto (e difficile) del digiuno. La maggior parte dei fedeli consuma un pasto molto semplice a mezzodì e digiuna fino alla sera, quando poi si frequenta l'officio serale. Idealmente, prima dei Presantificati che vengono celebrati il Lunedì, il Martedì e il Mercoledì sera, dovremmo digiunare otto ore prima della Comunione. Il Giovedì Santo si digiuna fino a sera, quando viene celebrata la Liturgia in ricordo dell'Ultima Cena (e a tavola, dopo la celebrazione, è permesso il vino). Il Sabato Santo dovrebbe essere un giorno di digiuno totale. 

Digiunare è difficile

I Padri consigliano di digiunare sotto la tutela di un padre spirituale coscienzioso e attento, che conosca il fedele e gli dia una regola che egli è in grado di seguire. Normalmente non viene imposto un digiuno quaresimale integro e totale ai convertiti e ai giovanissimi, ma anno dopo anno viene chiesto sempre più in accordo con la maturità della persona. Per questo è molto importante avere sempre un riferimento e una guida in una figura spirituale. NON createvi regole di digiuno che non siete poi in grado di seguire. 

sabato 11 febbraio 2017

Bliny speziati alle patate

Il padre Ambrogio della parrocchia san Massimo di Torino ci ha inviato la superba ricetta russa dei bliny, che non mancano mai alle feste, specialmente alla Domenica di Carnevale (Maslenitza, in russo).


Bliny speziati alle patate
Come preparare per Maslenitsa dei bliny che faranno andare in visibilio anche i russi!



I bliny, in italiano crespelle, in francese crêpes, in inglese pancakes, in romeno clătite, e chi più ne ha più ne metta, sono un vero e proprio piatto d'obbligo nella tradizione ortodossa russa pre-quaresimale. Preparati con farina, uova, latte, olio e/o burro, sono il concentrato di tutto quel che si smette di mangiare nella Grande Quaresima. Di conseguenza, sono ideali da preparare per dare fondo a tutte le riserve di latticini e uova nella settimana prima dell'inizio della Grande Quaresima, settimana chiamata "dei Latticini", in russo Maslenitsa.
Anche il ripieno dei bliny, che può contenere qualsiasi cosa (nella settimana dei Latticini non si usa più la carne, che si termina di utilizzare alla domenica precedente), ci aiuta a esaurire le scorte di formaggi, panna, pesce, caviale e altri cibi che riprenderemo a usare solo in giorni speciali della Grande Quaresima, oppure alla Pasqua.
Trovandomi in mezzo a straordinari cuochi (e soprattutto cuoche) di bliny, non ho mai pensato di riuscire a superare i miei maestri, e pur sapendo fare i tradizionali bliny russi, ho voluto cimentarmi in qualcosa che li facesse stupire per gusto e fantasia. La mia migliore idea (finora) è stata quella di non esagerare con i ripieni, e di presentare invece una pasta di bliny originale e saporita. A tal fine, mi è venuta incontro in modo ideale la ricetta di Gordon Ramsay, che ha preso queste crespelle non dalla tradizione culinaria russa, ma da quella indiana.
La quantità e l'abbinamento di spezie mi ha permesso due "variazioni sul tema", una etnica e una salutista, per non incorrere nel dispiacere dei maestri russi.
La prima (che fa già parte della ricetta di Gordon Ramsay) è l'uso di olio d'oliva, che incontra di più le mie preferenze di italiano, ma che ai russi, abituati a vari tipi di olio di semi, non piace sempre: le spezie riescono a ricoprire ogni significativa differenza tra i tipi di olio usati.
La seconda variazione (dovuta alla mia attenzione a contenere i livelli di glicemia) è l'uso di farina integrale macinata a pietra al posto della farina bianca. Il gusto della farina integrale può avere una nota "terrosa" sgradita ai palati assuefatti alla farina raffinata, ma con la quantità di spezie e di sapori di cui è ricco l'impasto, sarà molto difficile notare la differenza tra la farina integrale di grano e altri tipi di farina (come i mix di farina di grano saraceno) a cui i russi sono abituati.
Ecco quindi una ricetta di media difficoltà (soprattutto per la varietà di ingredienti e la mancanza di quantità specifiche) ma di sicuro successo. Vediamo la realizzazione nel video:




Riassumiamo un poco quello che abbiamo visto...

Ingredienti

Per la pasta dei bliny:
semi di cumino
sale e pepe
olio
radice di zenzero
aglio
peperoncino piccante
farina
uova
latte

Per il ripieno dei bliny:
semi di senape
sale e pepe
olio
cipolla bianca
patate lesse (avanzi)
curcuma

Per la salsa:
foglie di coriandolo
yogurt intero

Preparazione

Per chi non ha confidenza con l'inglese, ripeto qui la ricetta passo per passo:
Fate tostare a secco i semi di cumino sul fondo della padella. L'aggiunta di sale aiuterà ad arrostirli.
Tagliate a piccoli cubetti una radice di zenzero, uno spicchio d'aglio e un peperoncino piccante privato dei semi (rollandolo un po' tra le mani, i semi si staccano e cadranno naturalmente quando taglierete la calotta al peperoncino: basterà scuoterlo in verticale sul tavolo; l'eliminazione dei semi attenua il piccante).
Aggiungete zenzero, aglio e peperoncino ai semi di cumino con olio, e fate saltare il tutto in padella. Poi mettete da parte, e preparate la padella per il ripieno.
Mettete olio d'oliva e semi di senape (che inizieranno a saltare appena messi in padella), e aggiungete una cipolla bianca tagliata a fettine. Quando la cipolla inizia ad appassire, aggiungete un cucchiaino di curcuma, e mescolate. Tagliate a fettine le patate bollite (che possono essere avanzi di un pasto precedente), e spargete in padella lasciando che le patate assorbano il mix di olio, cipolla e curcuma. Togliete dal fuoco.
Mettete in una ciotola larga gli ingredienti aromatici (cumino, zenzero, aglio e peperoncino) saltati in precedenza. Aggiungete la farina e un uovo intero. Mescolando l'impasto con la frusta, aggiungete il latte (gradualmente e in piccole quantità, per non formare grumi, e alla fine aggiungete dell'olio.
Fate riscaldare la padella con aggiunta di poco olio, poi abbassate il fuoco, portate la padella alla ciotola e versate l'impasto (a ogni crespella, mescolate bene prima di versare i mestoli di impasto; per una padella larga come quella del video, la dose è di un mestolo e mezzo). Lasciate spargere bene l'impasto fino ai bordi (devono vedersi i pezzetti di zenzero, aglio e peperoncino) e lasciate cuocere finché non si formano bolle sotto la superficie, e la crespella si stacca facilmente. Girate e cuocete dall'altra parte: potete far saltare la crespella, o se non avete abbastanza confidenza, servirvi di una spatola [un altro metodo ultra-facile è di lasciar scivolare la crespella sul coperchio della padella finora inutilizzato, appoggiare la padella rovesciata sopra al coperchio, e rovesciare il tutto con un rapido movimento di entrambe le mani].
Una volta che i bliny sono pronti, lasciateli scivolare su un piatto, vassoio o asse da taglio.
Riempite i bliny con il ripieno di patate e cipolle disposto su un lato, lungo una linea immaginaria, e arrotolate la crespella facendo passare il bordo più interno al di sotto delle patate con cipolle. I bliny sono pronti per lasciare anche i russi molto soddisfatti!
Per la salsa di accompagnamento, fate un mix di yogurt intero fresco e foglie di coriandolo tagliate a pezzettini. La salsa è totalmente opzionale per chi è abituato a mangiare i bliny alla russa, ma non guasta affatto.

…aiuto! Mancano i dosaggi!
Per le dosi della pasta dei bliny, teniamo presente le tradizionali proporzioni russe: 500 grammi di farina per 1 litro di latte per 2 uova. Vedendo che Gordon Ramsay usa un uovo e una caraffa da mezzo litro di latte, direi che ha usato metà di queste dosi per ottenere 3 larghi bliny (a seconda delle dimensioni, ne potrebbe uscire comodamente un quarto).

venerdì 10 febbraio 2017

Piatto di formaggio e smântână

Mi trovavo a pranzo dalla sorella di mia moglie, in un ridente paesino sperduto a qualche chilometro di distanza dal monastero Sihastria (Romania), a pochi giorni prima del Grande Digiuno della Santa Quaresima. Neve a quintali, freddo, ghiaccio, le montagne che si stagliano come alabarde e sembra che il paesino ne venga inghiottito. Settimana dei Latticini, dunque. E mi viene presentato questo piatto che, devo dire, l'ho adorato per la sua semplicità. 

Ingredienti

Dice si debba usare formaggio duro, anche se io l'ho sempre mangiato con l'emmental. L'altro ingrediente principale è la smântână, cioè il tipo di panna acida che si trova nei negozi dei prodotti dall'Europa Orientale. La smântână ha molti nomi, e se non è un negozio specificatamente romeno, è più facile trovarla col nome russo smetana

Preparazione

Nulla di più semplice. Si taglia il formaggio (oppure, se vogliamo abbondare, vari tipi di formaggio diverso) a cubetti molto piccoli, e poi si mischia con la smântână dentro una ciotola finché non assomiglia ad una crema densa. Et voilà, il famigerato "piatto di formaggio e smântână" è già vostro! 

E... poi?

I romeni mangiano questa sorta di crema densa accompagnata dalla mămăliguță, ovvero dalla polenta. Ovviamente è un piatto completo, nel senso che il pasto è composto solo da questo, in quantità abbondante. Ma, se vogliamo limitare la crema e aggiungere altro, solitamente si mangia del pesce insieme alla polenta e alla crema di smetana. 

I romeni mangiano questo piatto accompgnato... da altra panna acida!

martedì 7 febbraio 2017

Il Bon Ton a tavola: le regole delle posate

Approfondiamo ora un tema non strettamente ortodosso, ma che può tornare utile a chiunque venga invitato a qualche occasione e intende essere elegante. L'uso delle forchette per parlare con i camerieri è infatti un poco noto linguaggio non verbale che tuttavia risulta molto utile, nonostante le persone non lo sappiano, anche perché i camerieri lo conoscono bene!


1) Se le posate sono in posizione parallela orizzontale, significa che avete gradito moltissimo il piatto.

2) Le forchette poste ad angolo acuto significano... pausa! il piatto è buono, ma per adesso mi fermo. Non portatemi via il mio cibo!

3) Quando la lama del coltello è dentro la forchetta a formare un angolo, se siete camerieri e cuochi, preoccupatevi, perché è un segnale pessimo: il piatto fa schifo!

4) Due posate in perpendicolare col coltello posto sotto la forchetta significa che siamo pronti ad assaggiare la prossima portata.

5) La posizione delle posate parallela verticale significa che siamo davvero pieni e che non possiamo andare oltre. 

Inoltre, ricordiamo la regola generale. Se sono presenti forchette, coltelli o cucchiai in serie, si inizia a mangiare prendendo la prima posata più esterna, e così via cambiando forchetta ogni volta che un piatto nuovo ci viene presentato. Difatti, secondo le regole dell'etichetta, ogni tipologia di cibo (carne, pesce, pasta, formaggi) vuole il suo set specifico di posate. 

La "Trapeza", ovvero la mensa dei monasteri ortodossi

Il Monastero ha una vita definita da ritmi antichi e immutabili, permeati di spiritualità anche nelle piccole faccende quotidiane: il mangiare non poteva certo sfuggire a questo stile di vita completamente immerso nella contemplazione. 


La meravigliosa mensa del monastero Simonopetra

E' proprio per questo che nei monasteri, al momento di sedersi a tavola, si inizia e si conclude il pasto pregando. Generalmente, l'igumeno (abate) del Monastero benedice i monaci che entrano dalla porta del refettorio, chiamato comunemente trapeza, e ognuno si posiziona al suo posto che gli viene assegnato. Gli ospiti solitamente mangiano in tavoli separati. Dato che i monasteri sono maschili o femminili, il sesso opposto a quello degli abitanti del monastero mangia in un'ala estrema del refettorio, divisa da separé



Dopo che i monaci hanno recitato assieme le preghiere del pasto, l'igumeno benedice un monaco affinché legga brani patristici, opere pie, omelie, e quanto sia stato comandato di leggere: il pasto infatti si consuma nel più completo silenzio. Non occorre chiedere o domandare un secondo piatto, o qualcosa da bere: di solito un novizio svolge la funzione di cameriere, attento ad ogni piatto vuoto. La mia esperienza personale nei monasteri della Grecia e della Romania è di una grande attenzione all'ospite, benché non si possa parlare minimamente, sembra che gli "iero-camerieri" di settimana sappiano benissimo cosa ti manca! Quando l'igumeno ritiene che i monaci abbiano mangiato a sufficienza, suona una campanella e tutti si alzano in piedi, pronti a recitare il ringraziamento: il lettore chiude il libro e si mette a mangiare, concludendo così la sua obbedienza. Anche i monaci camerieri e i monaci cuochi, che ruotano ogni settimana, mangiano quando gli altri hanno concluso il pasto. 

Ovviamente, i monasteri hanno regole alimentari piuttosto rigide. Molti monasteri adottano un canone culinario quasi completamente vegetariano, come prescrive san Basilio per i suoi monaci, concedendo il pesce la domenica e per le feste, così come le uova (mangiate assai raramente). Tutt'altro che raro è trovare invece i monaci intenti a prodursi da soli frutta, verdura e gestire piccoli laghetti per una pesca genuina e locale. Quando visitai il monastero di sant'Arsenio in Calcidica (in Grecia), ebbi occasione di partecipare al travaso delle olive, le stesse olive che mi sono poi state servite a pranzo. C'era una certa soddisfazione, devo dire... 

I Monasteri che seguono con zelo il Tipico monastico (cioè le antiche regole dei cenobi) organizzano due grandi pasti: uno alla mattina dopo la liturgia - generalmente attorno alle 8 e mezza del mattino, e uno alle due del pomeriggio, saltando la cena. Tenendo conto delle regole liturgiche, quando il monaco si alza alle quattro e mezzo del mattino e segue il Mattutino, le Ore e la Divina Liturgia senza interruzione, un pranzo alle otto e mezza è tutt'altro che anormale! Per chi ha fame (e per i visitatori) è comunque sempre aperta una sala del monastero adibita a sala di soggiorno, nella quale un pio monaco offre a chi entra da bere (acqua, tè, limonata) e piccoli antipasti senza orario, anche la sera, dopo i Vespri, passate per questa sala: c'è sempre qualche anziano monaco con qualche aneddoto divertente o profondo.

Vediamo ora alcune regole basilari ma non scontate, se andiamo a pranzo in qualche monastero:

1. Non chiedere mai variazioni di menù. Oltreché scortese di per sé, è una effrazione della loro regola: non potrebbero mai accontentarci. Inoltre, essendo vegetariani, i monaci offrono sempre prodotti biologici (coltivati da loro stessi) e molto semplici, impossibile non apprezzarli. 

2. Non parlare a tavola. Come già detto, è richiesto il silenzio. 

3. Evitare rumori e gesti per chiedere di passare qualcosa

4. Non proporsi come cuochi o servitori ai tavoli, a meno che non siamo invitati ad esserlo. I monaci addetti in cucina e in tutti gli altri ruoli della trapeza sono sotto obbedienza all'igumeno: non dobbiamo sentirci autorizzati a rompere l'armonia della regola del monastero.

5. Mangiate tutto quello che vi viene portato. E' un grande spreco buttare il cibo, specialmente nei luoghi ove vige una economia di sussistenza come nei monasteri ortodossi. Se non volete qualcosa, l'antica regola di poggiare le posate in verticale e parallele sul piatto indica che siete sazi. Ricordatevelo!

Vi auguro di visitare tanti monasteri, e di avere occasione di conoscere la profonda fede che quivi alberga, e anche di assaggiare qualche gustosa portata monastica!

I funghetti di uova e pomodori

Il prolifico nostro collaboratore e padre Ambrogio di Torino ci invia una simpatica e sfiziosa idea per arricchire la tavola.

Un po' di fantasia in cucina: i "funghetti" di uova e pomodori

Vi propongo uno spuntino simpatico, che strapperà sicuramente un sorriso ai vostri commensali, e che è di facile realizzazione (con alcuni accorgimenti). Visto che la base (in tutti i sensi del termine) di questa ricetta è costituita da uova sode, può essere un piatto simpatico da servire prima dell'inizio della Grande Quaresima; dopo Pasqua, poi, è una grande idea per offrire una variazione sul tema quando vi troverete la casa e la parrocchia piene di tutte quelle uova sode... offritene una "foresta" ai vostri amici ortodossi, e anche quelli che hanno mangiato uova sode fino alla nausea saranno tentati di fare una prova! Tutto quello di cui avete bisogno, per realizzare i funghetti, sono uova sode, pomodori rotondi e maionese. Un letto di insalata darà un tocco finale al vostro piatto, e se volete una nota in più di gusto, vi basterà un soffritto di cipolle.


il nostro fungo col cappuccio!


Qualche accorgimento
Scegliete con cura i pomodori, sia per il colore (più sono rossi, più risalta il contrasto con uova e insalata) sia per le dimensioni (il doppio della larghezza dell’uovo simula una cappella di fungo di dimensioni armoniose: se sono un po' più piccole o un po' più grosse, avranno un effetto comico... ma non è detto che non si possa apprezzare anche una presentazione più umoristica). Una volta tagliati a metà, i pomodori dovrebbero essere privati della parte più liquida della polpa assieme ai semi. Questo evita il rischio di colature poco estetiche, e al tempo stesso alleggerisce la pressione del pomodoro sull'uovo. Le uova sode vanno pulite con cura dal guscio, facendo attenzione a non strappare pezzi dalla superficie. Per stabilizzare le uova, se usate una superficie piatta, è quasi indispensabile tagliarne la punta della calotta inferiore. Spesso questo procedimento mette a nudo una parte del tuorlo, cosa utile se volete estrarre il tuorlo e sostituirlo con impasti. Per preparare il funghetto nella foto, ho estratto il tuorlo con un cucchiaino (dato che l'apertura era piccola, ho usato per scavare il tuorlo la punta arrotondata del manico del cucchiaino) e poi ho mescolato il tuorlo con un poco di soffritto di cipolle a pezzi fini. Visto che l'impasto era molto denso, l'ho amalgamato con una punta della maionese usata per la decorazione finale (poca, però, perché un impasto troppo soffice rischia di colare dal fondo) e ho inserito nuovamente l'impasto nel buco del tuorlo. Per ulteriore sicurezza, ho "tappato" il fondo del tuorlo con un dischetto di albume preso dalla calotta che avevo tagliato in precedenza. Questo procedimento di estrazione del tuorlo e di arricchimento con la cipolla soffritta (un'idea che ho visto spesso impiegare nella cucina ucraina) ha il solo scopo di aggiungere sapore. Se per qualche ragione non desiderate questo margine aggiuntivo di gusto, potete lasciare il tuorlo così com'è, e se è ben sodo, non vi darà alcun problema. Il fissaggio della calotta di pomodoro sull'uovo è la parte più delicata di tutta la preparazione. Studiate bene la tenuta della calotta, scavando via quei punti che vi sembrano essere di ostacolo; provate a girare la calotta cercando la soluzione di maggiore stabilità. Tenete conto che la stabilità è il punto debole di questo piatto, e ricordatevene quando dovrete spostarlo e/o servirlo in tavola. Le "verruche" del nostro funghetto sono fatte di maionese. Se non avete siringhe o tasche da pasticcieri, non preoccupatevi: io ho usato una normalissima siringa di plastica (senza ago, ovviamente) riempita di un poco di maionese. Se dopo avere depositato una goccia di maionese sulla calotta del pomodoro ritirate la siringa con una lenta trazione, vi resterà un piccolo pennacchio simile a quelli che vedete nella foto. Se al posto della maionese desiderate usare altro, tipo senape o salsa di rafano, sperimentate pure! Dal punto di vista estetico, più le verruche sono bianche più l'effetto è gradevole. Le foglie d'insalata che faranno da letto ai funghetti possono essere dei tipi più diversi: nell'esempio ho usato un piccolo ventaglio di foglie di rucola, ma possono andare altrettanto bene le foglie larghe, così come le fogliette dei germogli.

Ангела за трапезой! ("Che un angelo ci custodisca a tavola!")
nella Chiesa ortodossa russa, questo è l'equivalente ecclesiastico dell'augurio di buon appetito

lunedì 6 febbraio 2017

Il frigorifero e il cibo: lista dei cibi da NON mettere in frigo

Il padre Ambrogio della parrocchia san Massimo di Torino ci offre un'utile e interessante lezione sul rapporto fra frigorifero e cibo.

Lista dei cibi da NON mettere in frigo


Saper conservare il cibo che abbiamo in casa è più che un buon accorgimento di igiene e di salute: ci insegna il valore di ciò che in questo mondo è passeggero (in tal senso, il cibo è una metafora della nostra stessa vita), e ci mette in guardia contro gli sprechi del cibo, che sono una delle azioni più immorali che commettiamo ogni giorno, spesso inconsapevoli dell’enormità di ciò che facciamo. Per non fare che un esempio, si calcola che il cibo sprecato negli Stati Uniti sarebbe sufficiente a nutrire 80 milioni di persone, vale a dire un quarto della popolazione del paese! Perciò, quando ci portiamo a casa del cibo, ricordiamo che non abbiamo solo diritti sul cibo, ma anche doveri precisi di conservarlo correttamente, per noi stessi e per le persone che nutriamo. Il frigorifero ha rappresentato indubbiamente una delle più grandi rivoluzioni del modo di mangiare, rendendo possibili stili di alimentazione impensabili prima nella storia. Tuttavia, abbiamo una tendenza a essere piuttosto grossolani nel suo uso, con il risultato di stipare il nostro frigorifero all’inverosimile, spesso di cibi che non hanno bisogno di refrigerazione, e di finire per sprecare molto del cibo che vi abbiamo conservato invano. La lista che vi proponiamo è solo indicativa, non ha valore assoluto (su alcuni alimenti infatti gli stessi specialisti sono ancora indecisi, come abbiamo accennato in appendice a proposito delle uova e del burro), e non è certamente un sostituto del buon senso e dell'esperienza. Ci aiuterà però a essere più razionali in cucina, sapendo dove e come riporre il cibo che abbiamo acquistato.


Aceto
Come conservante naturale, non ha bisogno di refrigerazione. Tra le salse a base di aceto, vanno in frigo quelle con erbe fresche, aglio, cipolle e scalogno


Aglio – cipolle – scalogno
In frigo danno odore agli altri cibi; l'aglio germoglia anche a basse temperature, per cui il frigo lo aiuta paradossalmente a mettere germogli. Meglio conservarli al buio (o inizieranno a germogliare), e in ambienti ben ventilati: non si devono tenere in sacchetti di plastica o carta. 


Agrumi non maturi
Il frigo ostacola la maturazione.


Ananas
A differenza di altra frutta, l'ananas non continua a maturare dopo il raccolto, per cui come arriva in casa, così resta. Può stare pochi giorni fuori frigo se intero, e pochi giorni in frigo dopo il taglio. In frigo, meglio tenere l'ananas in recipienti a prova d'aria. Se lo si vuole consumare più tardi, lo si può congelare (fino a 6 mesi).

 Angurie e meloni (prima del taglio) 
Una volta tagliati, tenere in frigo avvolti in cellophane.


Avocado non maturo
Le basse temperature ostacolano la sua maturazione; a tal fine, meglio tenere l'avocado in sacchetti di carta aperti. Quando è maturo al punto giusto, può essere messo in frigo.


Banane (a meno che non siano PERFETTAMENTE mature)
Il frigo ferma per sempre la loro maturazione. Tenuta in un sacchetto di carta assieme ad altra frutta, la banaba aiuta gli altri frutti a maturare più in fretta.


Burro di arachidi
Il frigo lo indurisce e lo secca.


Caffè
Assorbe gli odori degli altri cibi, e non necessita di refrigerazione. In un contenitore a tenuta d'aria, può essere congelato.


Carne cruda e cotta
Possono (anzi, devono) essere conservate in frigo, ma MAI nello stesso ambiente! Il rischio è la contaminazione della carne cotta da parte dei batteri eventualmente presenti nella carne cruda, cosa che vanifica completamente l'intero scopo della cottura della carne per liberarla dai batteri. Chi non ha a disposizione un frigorifero a più scomparti, e non si può permettere un frigorifero aggiuntivo, può tenere la carne cruda e quella cotta a debita distanza, e ancor meglio in contenitori ben puliti e richiusi separatamente, a tenuta d’aria.


Carne secca
Può sopravvivere fuori dal frigo. Se confezionata, controllare le indicazioni di conservazione.


Carote
Alcuni tipi possono fare acqua; in frigo vanno tenute asciutte (es. su una griglia sospesa).


Cereali da prima colazione
L'umidità del frigo può rovinare la loro consistenza.


Cetrioli
Possono stare fuori frigo per alcuni giorni. Il frigo accelera il decadimento della pelle dei cetrioli.


Cibi in scatola metallica
Prima dell'apertura, non hanno bisogno di refrigerazione. Dopo l'apertura, trasferire il cibo in altri contenitori (in frigo, il metallo può rovinare il gusto)


Cioccolata (la maggior parte dei tipi)
Tenere in frigo solo la cioccolata che all'aria aperta tende a diventare liquida.


Crackers (se non hanno ingredienti speciali, come formaggi)
L'umidità del frigo può far perdere loro consistenza e sapore. Se è necessario refrigerarli, meglio tenerli in contenitori a tenuta d'aria.


Erbe fresche
In frigo perdono rapidamente sapore e assorbono odori; meglio congelarle. Si possono refrigerare solo se avvolte strettamente e messe in contenitore a tenuta d'aria. Alcune erbe (es. basilico) possono stare per una settimana con i gambi in una tazza d'acqua.


Farina
Indifferente alle temperature, meglio conservarla fuori, in recipienti a tenuta d'aria.


Frutta dei seguenti tipi: albicocche, kiwi, mango, pesche e prugne.
Il frigo danneggia le membrane, ferma la maturazione e rovina le sostanze nutrienti


Frutti di bosco
La loro refrigerazione può far sviluppare muffe.


Formaggi stagionati
Il frigo li rende più duri (può servire solo se li si vuole grattugiare). Se li si tiene in frigo, vanno avvolti per proteggerli dall'umidità.


Insalata condita (con olio e aceto)
Da consumare comunque presto, olio e aceto la conservano anche fuori frigo. Da mettere in frigo se contiene salse con yogurt o maionese.


Ketchup
Può stare fuori dal frigo prima dell'apertura, e fino a un mese dopo l'apertura.


Latte a lunga conservazione
Se il contenitore è intatto, può stare fuori frigo fino a 6 mesi. Refrigerare solo dopo l'apertura.


Melanzane
Sono sensibili al freddo e ai gas sprigionati da verdura e frutta. In frigo, tenere le melanzane separate da altri ortaggi e frutta. Se tenute in frigo, usarle subito dopo averle estratte.


Mele
Normalmente durano una o due settimane a temperatura ambiente. Da refrigerare solo se tagliate o se si vuole consumarle più avanti. Se messe accanto ad altri frutti, li fanno maturare più in fretta.


Miele
Non altera MAI, e non ha bisogno del frigo. Le basse temperature lo fanno cristallizzare (il processo di cristallizzazione non ne altera il gusto e le proprietà, ma lo rende più difficile da amalgamare).


Olio
Non ha bisogno di refrigerazione, che ne fa cagliare molti tipi (soprattutto quello d'oliva).


Pane (se non è già tagliato in fette)
In frigo si secca e diventa raffermo più in fretta (il pane integrale si conserva comunque più a lungo). Si può tenere fuori frigo in sacchetti da pane in un cestino.


Papaya non matura
Il frigo rallenta il processo di maturazione. Se la pelle della papaya inizia a ingiallire e a diventare molle, refrigerare.


Patate (incluse le patate dolci)
ASSOLUTAMENTE da non refrigerare se crude: Il frigo converte l'amido in zuccheri che in cottura o frittura producono acrilamide tossica. Da conservare non lavate, in un posto ben ventilato.


Patatine fritte
L'umidità del frigorifero le può rendere flaccide.


Peperoni
Resistono al frigo, ma i loro colori possono sbiadire.




Pere
Le pere non maturano sull'albero, ma staccate, a temperatura ambiente. La refrigerazione rallenta il processo di maturazione.


Pomodori
Il frigo danneggia le membrane interne e altera gusto e consistenza, fermando il processo di maturazione che dà sapore al pomodoro.


Salsa di soia e salsa di pesce
Dopo l'apertura, durano da 1 anno e mezzo (soia) a 2/3 anni (pesce) prima di cambiare sapore.


Salumi
Se sono ancora completamente insaccati, non hanno bisogno di refrigerazione. Necessitano di aerazione, e il chiuso del frigorifero non li aiuta.


Senape/mostarda in pasta
Non ha bisogno di refrigerazione prima dell'apertura, e fino a due mesi dopo l'apertura.


Sottaceti
Se completamente a bagno in aceto si conservano bene anche fuori (nessun danno a tenerli in frigo – si possono togliere per liberare spazio).


Spezie
La refrigerazione non ha alcun valore, anche nel caso di spezie in polvere.


Tabasco e salse piccanti a base d'aceto
Dopo l'apertura, durano anni prima di cambiare colore. Fuori frigo, meglio tenerle lontane da calore e luce solare.


Torte (se non hanno crema, frutta tagliata o gelatina)
Si possono tenere in scatole chiuse per alcuni giorni. In frigo, la glassa delle torte può diventare appiccicosa.


Yogurt e altri alimenti probiotici
Se non sono ancora aperti, possono stare a lungo fuori frigo. Refrigerare dopo l'apertura, o se si desidera consumarli freddi.


Zucca (prima del taglio)
Tenere ben ventilata al buio, fresco e asciutto (luogo ideale: cantina). Dopo il taglio, refrigerare avvolgendo le fette in cellophane.


* * *


Alimenti sui quali ci sono controversie:

Uova (Il frigo potrebbe danneggiare il loro gusto naturale)
Burro (soprattutto se salato e a basso contenuto d'acqua)

La scelta della loro refrigerazione o no dipende soprattutto dalla frequenza del loro uso. 

domenica 5 febbraio 2017

Zuppa di merluzzo "Eurasiatica"

Una semplicissima zuppa di origine russa a base di filetti di merluzzo, passataci dal novizio David dall'Inghilterra. 

Ingredienti

1/4 di cavolo verde
2 cucchiai di sale
3 carote medie
3 patate
1 cipolla
1 porro
pepe nero
1 cucchiaio di zucchero
zenzero
2-3 filetti di merluzzo
500 ml di brodo vegetale oppure nel brodo di pesce.

N.B. esistono nei supermercati le confezioni surgelate di merluzzo. Se desiderate utilizzare questi filetti, sappiate che non ha molto senso scongelarli prima, perché ai fini della cottura è irrilevante. 

Preparazione

Tagliate a cubetti o striscioline tutte le verdure, e mettetele a bollire nell'acqua e nel brodo vegetale per circa 15-20 minuti. Dopodiché, aggiungete i filetti di merluzzo, lo zucchero, il sale, il pepe nero e lo zenzero, e abbiate cura di controllare che il pesce sia pronto: la cottura del merluzzo necessita di circa 20 minuti.  Una volta che tutto è pronto, portare a tavola e servire. Il merluzzo è pronto quando diventa opaco e facile da rompersi con la forchetta.

Varianti: si possono utilizzare anche altri tipi di pesce bianco, come ad esempio orata, spigola, dentice. 


la nostra zuppa! 

sabato 4 febbraio 2017

Zuppa di Porri (quaresimale)

La nostra amica serba Gordana ci ha inviato una ricetta basata sui porri.

Ingredienti

-2 porri
-1 cipolla
-300-400 gr di patate
-sale
-pepe
-Una foglia di alloro
-succo di mezzo limone
-un cucchiaio di farina

Preparazione

Scaldare un po’ di acqua, aggiungere porri e cipolla tagliati a pezzettini piccoli e cucinare finchè non diventi morbido Aggiungere patate tagliate a cubetti,sale,pepe,foglia di alloro,aggiungere 1 litro di acqua.mettere sul fuoco moderato per 45-50 minuti con coperchio. Togliere dal fuoco,aggiungere piano un cucchiaio di farina e cucinare altri 5 minuti. Alla fine aggiungere succo di limone e poi servire.

Attenzione: NON esagerate col pepe, altrimenti, grazie a i porri, vi ritroverete una pietanza davvero piccante!


Se si aggiunge molta farina e la verdura la tagliamo molto fine, l'aspetto sarà simile ad una vellutata: 




Dolce di marmellata e cioccolato

Un'altro dolce dalla preparazione semplice semplice, passatoci da Gordana, che può essere consumato anche in quaresima.

Ingredienti

-2 bicchieri di farina
-3 cucchiaini di marmellata (gusto che preferisci) -1 pan d’angeli -1,5 bicchieri di zucchero -2 bicchieri di acqua -1 cucchiaino di cannella (sopra si può spalmare cioccolato fondente, o cucinare con 2 cucchiai di cacao,zucchero vanigliato e un poco di acqua per farlo cremoso) Preparazione
Mischiare bene acqua e zucchero, e poi aggiungere tutto il resto dei ingredienti. In una teglia non tanto grande mettere carta da forno,spalmare l’impasto e cuocerlo a 200°C una ventina di minuti. Una volta tolto dal forno, sopra mettere o cioccolato fondente o la crema preparata con cacao.


venerdì 3 febbraio 2017

La torta all'acqua (quaresimale)

Ed eccoci ancora con un dolce da digiuno, che personalmente adoro e mangio anche nei periodi liberi, essendo facilissimo e tutto sommato buono a dispetto del nome che può dare l'impressione di essere sciocco. Si prepara con pochissimi ingredienti, è salutare ed è davvero facilissimo. 

Ingredienti per 4 persone

250 gr. di farina bianca 00
250 ml d'acqua
150 gr. zucchero 
40 ml d'olio di semi
16 gr. (una bustina) di lievito per dolci
succo e scorza di limone 
pizzico di sale

Nota: Per dare una nota di gusto in più, alla ricetta originale io aggiungo un bicchierino  di liquore di vaniglia, che si può acquistare in qualsiasi negozio d'alimentari. 

Preparazione

In una ciotola setacciare la farina, lo zucchero e il lievito, dopodiché aggiungere il succo di limone (la vaniglia se si vuole) e la scorza del limone stesso. In un barattolo, porre l'acqua tiepida e l'olio, emulsionando i liquidi, dopodiché versare il liquido nella ciotola e mescolare con forza utilizzando un frustino, finché non si ottiene una pastella piuttosto liquida.

Accorgimenti: se la pasta risulta molto dura e poco liquida, aggiungere l'acqua. Ricordarsi, quindi, che serviranno più zucchero e limone per compensare il gusto.

Dopodiché, in una teglia oliata (oppure con carta da forno) porre la pastella e livellare con un cucchiaio. Infornare il dolce a 160° per 40 minuti. Una volta raffreddata, la torta può essere cosparsa di zucchero a velo.



la torta all'acqua sul tavolo della mia cucina!

Nota: può capitare che l'interno della torta, una volta tagliata, sembri non cotto o peggio crudo, e abbia una consistenza molliccia. In realtà, è semplicemente la consistenza che assume la pastella dolce una volta lievitata. 

giovedì 2 febbraio 2017

Antipasto di cipolle in agrodolce

Il padre Ambrogio della parrocchia san Massimo di Torino ci ha inviato un'altro antipasto da offrire ai nostri ospiti!

Dopo avervi proposto un antipasto molto semplice dalla cucina romena, ve ne presento uno dalla cucina ligure (Riviera di Ponente). Facilissimo da preparare, richiede una cottura un po’ lunga (2 ore o più), ma è uno di quei piatti che si possono riassumere con “buttate tutto in pentola e girate ogni tanto”, ideale per chi non ha molto tempo da dedicare al fornello.

Ingredienti

4 cipolle bionde grandi (1 kg)
250/300 g di passata di pomodoro
125 g di uva sultanina
mezzo bicchiere di aceto rosso
mezzo bicchiere di olio (di qualsiasi tipo, vedi nota in basso)
2 cucchiai di zucchero
2 foglie d'alloro
sale (a piacere)

Preparazione

Tagliate a fette le cipolle (se riuscite a trovare 4 cipolle grandi, saranno ideali, e le pulirete con maggior facilità; se non le trovate, prendete abbastanza cipolle per arrivare a un chilo). Le fette di cipolla non devono essere troppo sottili (usate il coltello, e non la mandolina).
L’uva sultanina si trova di solito in vendita in pacchetti da 250 grammi: la dose necessaria per questa ricetta è la metà del vostro pacchetto. Lavate l'uvetta sotto un getto d’acqua in un colino, quel tanto che basta per ripulirla da polvere e altre impurità, ma non tenetela a bagno in acqua, per non farla disfare in cottura. Mettete tutti gli ingredienti in una pentola coperta e cuocete a fuoco basso per almeno 2 ore, girando spesso. Se in fase di cottura le cipolle restano troppo dense (con il coperchio e il fuoco basso non dovrebbe succedere, ma non si sa mai...), aggiungete ancora un poco di passata di pomodoro. Dopo un paio d’ore, le cipolle iniziano a brunire. Questo è il segno che il vostro antipasto è pronto! Lasciate raffreddare, e servite in ciotole, su fette di pane, oppure come accompagnamento di verdure o carni bollite.



le cipolle in agrodolce

Una nota sull’olio (pensieri quaresimali generali)

Dato che questa ricetta comprende mezzo bicchiere d’olio, è d’obbligo rubricarla nei cibi da “giorni da vino e olio”. Tuttavia, ricordate che non in tutti i paesi ortodossi si seguono le stesse regole riguardo all’olio. La tradizione greca identifica l’olio da riservare a certi giorni nel solo olio d’oliva (una lettura letterale del termine έλαιο), mentre è più indulgente sull’uso di altri tipi di olio vegetale, permettendoli in dosi moderate (quindi, evitando le fritture complete o cose simili, ma se nel mondo greco il nostro antipasto di cipolle fosse preparato con mezzo bicchiere di olio di semi, nessuno si scandalizzerebbe). La tradizione russa (dove l’olio d’oliva è un prodotto esotico) restringe invece l’uso di qualsiasi olio nei giorni di digiuno “stretto”. Che fare in Italia? Tra le mille soluzioni possibili, tenuto conto della varietà delle usanze ortodosse, del fatto che l’Italia è un paese tradizionalmente produttore d’olio d’oliva, e soprattutto del fatto che molte ricette della cucina italiana sarebbero inimmaginabili senza un poco d’olio (pensate alla quantità di ricette che iniziano da un soffritto...), direi che si può senza dubbio applicare un poco di tolleranza nell’adattare le ricette “povere” italiane al digiuno ortodosso, senza necessariamente castrarne i sapori in nome di una non meglio identificata fedeltà alla “tradizione” ortodossa.

Zuppa con polpette

Dalla Romania una gustosa pietanza, la ciorba de perisoare, ossia la zuppa con le polpette. La versione qui riportata è la più ricca, ma nulla vieta di togliere o aggiungere altri ingredienti di nostro gusto. 

Ingredienti per le polpette

200 gr di carne macinata (vitello, oppure miste: maiale, pollo e tacchino)
1 cucchiaio di riso
1 uovo
sale e pepe

Ingredienti per la minestra

1 carota
1 cipolla
1 patata
1 rametto di levistico 
1 rapa
prezzemolo
1 pezzo d'osso per il brodo (o, in alternativa, brodo già pronto)

Nota: il levistico è un particolare tipo di sedano, che si può trovare facilmente nei negozi che vendono prodotti orientali (o specificatamente nei negozi alimentari romeni). Se preferiamo non cercare troppo, un banale sedano serve egregiamente allo scopo.

Molti mettono anche dei pomodori o della passata di pomodoro.

Preliminari

Tagliare a fette sia la rapa, che la patata.

Preparazione

Prepariamo il brodo di carne immergendo in una pentola d'acqua il pezzo d'osso (o di carne), la cipolla, il sedano e la carota, fino all'ebollizione. Nel frattempo impastiamo le polpette, mettendo in una ciotola prima la carne, poi il riso e poi l'uovo sbattuto, infine il sale e il pepe. Quando il brodo è pronto, togliere il pezzo d'osso e al suo posto immergere le polpette e le fette di rapa e di patata che abbiamo precedentemente tagliato. Per cuocere a dovere le polpette servono dai 10 ai 20 minuti. Se vogliamo, dopo aver servito la minestra in tavola, possiamo aggiungere la panna acida, la smetana, lo yogurt greco o un goccio di limone per dare un sapore più acidulo. 


ed ecco la nostra ciorba di polpette!