lunedì 19 febbraio 2018

Curry di cocco e verdure

Dal padre Ambrogio di Torino



Prima della Grande Quaresima, gli ortodossi hanno due settimane libere dal digiuno: la settimana dopo la Domenica del Fariseo e del Pubblicano, in cui non si fa alcun digiuno (in ricordo della parabola, per non digiunare come il fariseo), e la settimana dei Latticini, in cui si è terminato di mangiare la carne, ma non si fa alcun altro tipo di digiuno (e anzi si incoraggia a dare fondo alle riserve di latticini, uova e pesce di cui ci si priverà per tutta la Quaresima).

Tra queste due settimane ne passa una di tempo ordinario, con i suoi normali giorni di digiuno al mercoledì e al venerdì. Quest’anno mi sono trovato ad affrontare uno di questi due giorni di digiuno con appena mezzo chilo di carote nel frigo, e un po’ di cipolle e aglio in dispensa. Come fare a utilizzare questi pochi ingredienti freschi per tirarne fuori un piatto dal sapore fantastico, e al tempo stesso offrire uno spunto per la Quaresima che è alle porte?

Ho pensato a una ricetta dall’India del sud, presentata da Michael Greenfield in questo video del canale Brothers Green Eats. Si tratta di un modo estremamente versatile di utilizzare le verdure che avete a disposizione (può andare bene letteralmente con qualsiasi genere di verdure e ortaggi che si può saltare in padella o stufare, da solo o in combinazione). Il cocco forma un buon legante delle verdure, e le spezie aggiungono note di sapore che formano una vera e propria sinfonia: pochi accorgimenti per fare della cucina di digiuno un appuntamento a lungo atteso!

Ingredienti

2 cucchiai di olio di cocco (si possono usare altri tipi di olio vegetale, oppure fuori dai periodi di digiuno il burro chiarificato, ma l’olio di cocco lega in modo particolare con il latte di cocco che si aggiunge in seguito)

Verdure a vostra scelta (tagliate a pezzetti)

Semi di coriandolo

Semi di fieno greco

Corteccia di cannella a pezzetti

Semi di senape

Peperoncino secco

1 cipolla tritata

2 spicchi d’aglio e altrettanto rizoma di zenzero, tritati o frullati in una pasta

1 lattina di latte di cocco

1 rizoma di curcuma grattugiato

Funghi freschi o reidratati, a fettine

Pasta di tamarindo

Preparazione

Iniziate facendo scaldare una padella larga abbastanza da contenere tutti gli ingredienti. Fate sciogliere due cucchiaiate di olio di cocco (che a temperatura ambiente è solido), e gettate i semi, ciascuno più o meno nelle proporzioni di un grosso pizzico (raccoglietene con tutte le dita), facendoli saltare nell’olio di cocco: prima i semi di coriandolo, poi quelli di fieno greco, quindi la corteccia di cannella sbriciolata a pezzetti, poi i semi di senape e infine il peperoncino secco sbriciolato (dosatene le quantità a seconda del livello di piccante: per chi è molto sensibile, meglio diminuire un poco la dose).

Girate i semi con un cucchiaio di legno, o meglio ancora con una spatola. Quando i semi di senape iniziano a saltare, è il segno che potete aggiungere la cipolla. Lasciatela appassire a fuoco medio, poi aggiungete il mix di aglio e zenzero tritato o frullato, e lasciate ancora saltare per circa un minuto. È il momento di aggiungere le vostre verdure: giratele per bene in padella, saltandole insieme agli elementi aromatici, e salate a piacere. Aggiungete quindi la lattina di latte di cocco, portate a bollitura e lasciate sobbollire a padella coperta per circa 5 minuti. Quindi, aggiungete il rizoma di curcuma grattugiato (per non macchiarvi le dita, potete grattugiarlo indossando un guanto), e mescolate bene.

Aggiungete una manciata di funghi a fettine (non avendo funghi freschi, io ho optato per funghi shiitake reidratati e tagliati fini) e una cucchiaiata abbondante di pasta di tamarindo (ideale per i piatti indiani, anche se potrebbe andar bene il succo di un limone o di un lime). In questo modo, avrete aggiunto elementi di sapidità e di acidità alla gamma del sapore.

Cuocete ancora alcuni minuti, a piacere. Se arrivate a strafare un poco con la cottura (finché le verdure si disfano) non è un male.

Il significato di “curry”

Mentre vi gustate questa specialità, possiamo fare una digressione sul termine “curry”, che oggi vediamo applicare, nel significato settecentesco attribuito dagli inglesi, alle miscele di spezie in polvere. Ebbene, la parola viene dal termine tamil kaṟi, che significa “salsa”, e ancora oggi, impiegato da solo, indica proprio piatti cucinati in salsa, come questo (le miscele di spezie, invece, si dicono propriamente masala). Se pronunciate il nome come “kárri” (invece di “kérri” o altre variazioni) vi avvicinate di più al termine originale.

மகிழ்ந்து உண்ணுங்கள்! Magizhnthu unnungal! Buon appetito!

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